06-04-2014
GUIDA AI DIRITTI ED AI DOVERI DEI DETENUTI SECONDA EDIZIONE: Nella sezione UTILITA' del sito è disponibile la seconda...
 
IL DECRETO LEGGE SUL CARCERE. RECEPITA LA PROPOSTA DE "IL CARCERE POSSIBILE ONLUS", MA SIAMO LONTANI DA UN POSSIBILE RITORNO ALLA LEGALITA'
Un decreto debole che affronta solo in parte i veri problemi della detenzione in Italia. Introdotta la riforma proposta da "Il Carcere Possibile", onlus della Camera Penale di Napoli. Il P.M., prima di emettere l'ordine di carcerazione, dovrà verificare se vi siano le condizioni per concedere la liberazione anticipata, evitando un'inutile e ingiusta carcerazione.
 

Napoli, 27 giugno 2013______Come ogni anno, in prossimità delle vacanze estive, si avverte la necessità di fare qualcosa per risolvere, o meglio attenuare, le disumane condizioni carcerarie dei detenuti. Questo nuovo Governo del Fare, non poteva non intervenire con l'ennesimo e  tanto atteso DECRETO SVUOTA CARCERI, che come i precedenti crea sopratutto illusioni per un possibile ritorno alla legalità nei nostri Istituti Penitenziari.  Eppure, questa volta l'input non è dovuto solo ad un barlume di coscienza . Vi è anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a mettere in mora il Nostro Paese con la nota Sentenza Torreggiani , espressamente richiamata nel decreto e che, è il caso di ricordarlo, il Nostro Paese (ad onor del vero per mano del precedente Governo) ha già tentato di eludere con una risibile impugnazione meramente dilatoria naufragata in un tempestivo rigetto.
Ad una prima lettura, ahinoi, sembra che il Decreto Carceri abbia la medesima finalità, meramente dilatoria ed elusiva, dei diktat della Sentenza Torreggiani.
Con una popolazione carceraria in eccesso di 20 mila unità, secondo le cifre rivelate dal Ministero, o di 30 mila secondo quelle indicate da altri, gli annunciati “Seimila detenuti in meno nel giro di un paio d’anni” per effetto del Decreto in commento, sembra una nuova , solo apparentemente più scaltra, elusione dei doveri di dignità del Paese Italia verso i cittadini detenuti.
Eppure i quotidiani riportano il commento del Premier Letta: «Risposta di dignità alle accuse contro l’Italia».
Esaminando brevemente il testo del Decreto si rileva l'inconsistenza del provvedimento, utile solo ad incidere sulle illusioni dei detenuti, dei loro familiari e non ultima sulla pazienza degli avvocati che dovranno farsi carico di riportare  alla realtà le aspettative dei primi.

La liberazione anticipata valutata e richiesta dal PM prima dell'ordine di esecuzione

Non per spirito di autocelebrazione ma sembra il caso di iniziare con  l'art. 1 lett B n. 1 che introduce l'art. 656 co. 4 bis 4 ter e 4 quater c.p.p. che così recita:
«4-bis. Al di fuori dei casi previsti dal comma 9, lett. b), quando la residua pena
da espiare, computando le detrazioni previste dall’articolo 54 della legge 26
luglio 1975, n. 354, non supera i limiti indicati dal comma 5, il pubblico
ministero, prima di emettere l’ordine di esecuzione, previa verifica
dell’esistenza di periodi di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile
relativi al titolo esecutivo da eseguire, trasmette gli atti al magistrato di
sorveglianza affinché provveda all’eventuale applicazione della liberazione
anticipata. Il magistrato di sorveglianza provvede senza ritardo con ordinanza
adottata ai sensi dell’articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354. La
presente disposizione non si applica nei confronti dei condannati per i delitti di
cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
4-ter. Quando il condannato si trova in stato di custodia cautelare in carcere il
pubblico ministero emette l’ordine di esecuzione e, se ricorrono i presupposti di
cui al comma 4-bis, trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza per la
decisione sulla liberazione anticipata.
4-quater. Nei casi previsti dal comma 4-bis, il pubblico ministero emette i
provvedimenti previsti dai commi 1, 5 e 10 dopo la decisione del magistrato di
sorveglianza.»;
art. 1 n. 4) al comma 10, primo periodo, dopo le parole: «da eseguire,» sono inserite le
seguenti: «e se la residua pena da espiare determinata ai sensi del comma 4-bis
non supera i limiti indicati dal comma 5,».
Il carcere possibile onlus, sin dall'aprile 2012, si è fatto promotore di un'iniziativa di riforma legislativa dell'art. 656 c.p.p. proponendo l'introduzione del seguente
ART. 656 – comma 10 bis –
In ogni caso, il Pubblico Ministero verifica se il condannato ha già scontato uno o più semestri di pena detentiva, anche agli arresti domiciliari, e se il residuo di pena da scontare è inferiore o uguale ai giorni che sarebbero detratti, ove venisse concessa la liberazione anticipata prevista dall’art. 54 della L. 26 luglio 1975, N.354. In tal caso, sospende l’esecuzione e trasmette immediatamente gli atti al Magistrato di Sorveglianza perché provveda sull’eventuale applicazione della liberazione anticipata. Fino alla decisione il condannato permane nello stato di libertà o detentivo in cui si trova. Il Magistrato di Sorveglianza trasmette immediatamente al Pubblico Ministero la decisione sul provvedimento ex art. 54 L.N.354/1975. Il Pubblico Ministero, riformulato il calcolo della pena residua, dichiara la pena totalmente espiata o pone in esecuzione l’ordine di carcerazione. La proposta di riforma è stata recepita dal Centro di Studi Giuridici e Sociali “Aldo Marongiu” dell'Unione Camere Penali che si è fatto promotore a livello legislativo della iniziativa del Carcere Possibile Onlus.
Apprendiamo con soddisfazione il recepimento nel DECRETO CARCERI della nostra iniziativa.

La detenzione domiciliare per gli ultrasettantenni ex art. 1 lett. B n. 2 del DECRETO

La pena per gli ultra settantenni che devono espiare un residuo di pena, ora di 4 anni e non più di 3 anni, può essere sospesa ex art. 656 co. 5 c.p.p. . Da questa ipotesi restano ancora esclusi i condannati per i cd “reati gravi” indicati nel co. 1 Dell'art. 47 ter l. 354/75 e coloro ai quali sia stata applicata la recidiva.
I Nuovi “reati gravi” ed i “vecchi reati” non più gravi.
Anche questo Governo avverte, come tutti i suoi predecessori, la necessità di placare le folle attribuendo la patente di maggiore gravità a quei reati che, secondo le cronache degli ultimi tempi, scuotono maggiormente la “sensibilità” della gente.
Ecco allora che scompaiono dal novero dei reati gravi, per i quali non era possibile la sospensione dell'esecuzione ex art. 656 co. 5 c.p.p., l'incendio (423 cp) il furto aggravato (con due aggravanti) e il furto in abitazione (625 bis)
Tali reati si erano meritati la patente di gravità perché in un determinato momento storico, in cui la ribalta mediatica fu conquistata dalle rapine e dai furti nelle ville del Nord, si avvertì l'esigenza di punire più gravemente, quindi con l'esecuzione in carcere, qualsiasi “attentato” alla privata dimora fino a legittimare la cosiddetta “legittima difesa domiciliare” attribuendo il carattere di proporzione della difesa all'uso di un'arma non solo per difendere la propria o altrui incolumità ma anche “soltanto” i beni propri o altrui.
Oggi, che i poveri leghisti rappresentano una inerme opposizione, le loro vecchie pretese sono finite nel cassetto.

Ma vi è altro sentimento da placare.

Sono stati introdotti , tra i reati gravi e non sospendibili, quello di maltrattamenti in famiglia aggravato dalla lesione grave o gravissima (art. 572 co. 2  c.p.)  ed il modaiolo stalking aggravato (612 bis co. 3 c.p.)

Non si vuole criticare la scelta del Legislatore perché si ritiene che tali delitti non siano sufficientemente odiosi da meritare l'esecuzione carceraria senza sospensione (anzi sono delitti particolarmente insidiosi proprio perché si consumano in contesti apparentemente protetti, come quello familiare, ed in danno di persone con minorata capacità di difesa), ma , tenuto conto che la prassi insegna che sin dalla fase cautelare il Giudice valuta adeguata una misura diversa dal carcere, ci si chiede se  è davvero necessario che , poi a distanza di anni, la condanna debba essere espiata in carcere.
Per i delitti in questione , quasi sempre,  la misura dell'allontanamento dal nucleo familiare o che comunque impedisce i contatti con le persone offese, fino alla misura domiciliare,  appare idonea alla tutela di costoro. Peraltro, ritornando all'articolo n. 1 lett a (che prima avevamo omesso) del Decreto è previsto “che all’articolo 284, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente: «1-bis. Il giudice stabilisce il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare le esigenze di tutela della persona offesa dal reato”.
Orbene se la misura, anche quella domiciliare, è stata giudicata  idonea,per lungo o breve tempo che sia, nella immediatezza della condotta reato, perché ritenere che in tali casi sia necessaria  l'esecuzione carceraria come per reati ben più gravi?
Il profilo è ben più complesso e si estende a tutto il novero dei reati cosiddetti gravi.
Dopo che negli ultimi anni la Corte Costituzionale ha ripetutamente cassato la presunzione assoluta della custodia carceraria come unica misura idonea per certi reati (dai reati sessuali a quelli aggravati dall'art. 7) non si comprende perché , per l'esecuzione debbano permanere tali profili presunzione di pericolosità che non consentono determinati benefici.

In ultimo  è doveroso rilevare  come il Legislatore, vuoi per guadagnarsi le simpatie delle folle vuoi per  scarsa fiducia nel buon senso dei Giudici poteva omettere di  rammentare a costoro , con il nuovo co. 1 bis dell'art. 284 c.p.p., che il domicilio deve essere compatibile con le esigenze di tutela della persona offesa.
Invero , pur non nutrendo fiducia incondizionata nei Nostri, tale esigenza è certamente tutelata da chi decide per la misura domiciliare.

Lavoro all'esterno

L'art. 2 del Ns decreto introduce il  co. 4 ter nell'art. 21 L. 354/75 ossia che “I detenuti e gli internati possono essere assegnati a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito nell’esecuzione di progetti di pubblica utilità in favore della collettività.....”.
Il principio, ancora una volta, è sano ma chi opera nel settore sa bene che non sarà l'art. 21 a sfollare le carceri visto che, dalla Sua introduzione, le ipotesi di applicazione sono state davvero residuali ed eccezionali vuoi per la sfiducia che la Magistratura di Sorveglianza ha nelle capacità di autocontrollo del condannato, vuoi per l'assenza di fondi  (nonostante la gratuità della prestazione lavorativa) per sostenere tale tipo di progetti.

La detenzione domiciliare, la semilibertà  ed i recidivi.

Con la soppressione dell'art. 47 ter co. 1.1 e delle parole ““e a quelli cui sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale” del co. 1 bis viene meno la presunzione di pericolosità assoluta, quindi la presunzione di inidoneità assoluta della misura domiciliare, per i recidivi reiterati che aspirino ad ottenere la detenzione domiciliare.
Analogamente, con la soppressione dell'art. 50 bis viene meno, per i recidivi che aspirino alla semilibertà, il limite minimo di espiazione della pena dei 2/3 o, per reati più gravi , dei 3/ 4 della pena. Con la soppressione dell'art. 30 quater non sono più previsti i limiti di pena minimi per ottenere i cosiddetti permessi premio. E'  soppresso anche (art. 58 quater co. 7 bis) il divieto di concessione dei benefici ai recidivi, per più di una volta.
L'introduzione del co. 1 quater dell'art. 47 ter, ossia l'istanza di detenzione domiciliare rivolta al Tribunale Sorveglianza quando l'esecuzione della pena è già iniziata poco rileva, ai fini dei propositi di sfollamento, in quanto il NS Decreto sposta la competenza  dal magistrato di Sorveglianza , al quale resta il potere si sospensione per “grave pregiudizio”, al Tribunale di Sorveglianza.
L'organo collegiale è ovviamente più macchinoso nelle sue decisioni.
Anche qui la prassi ci insegna che l'ipotesi di sospensione dell'esecuzione in corso , per grave pregiudizio” , mediante la concessione della detenzione domiciliare, è assolutamente residuale e, in alcuni Tribunali, meramente scolastica.
E' soppresso il co. 9 dell'art. 47 ter per cui non basterà la “semplice” denuncia per il delitto di evasione per determinare l'automatica sospensione del beneficio.
I tossicodipendenti ed i lavori di pubblica utilità
Con l'art 3 del Ns Decreto si estende la possibilità , su richiesta dell'imputato, assuntore abituale o tossicodipendente, di convertire la pena in lavoro di pubblica utilità non solo per  i reati previsti  dell'art. 73 DPR 309/90 (come recita l'attuale art. 73 co. 5 bis DPR 309/90) ma anche per gli altri reati così come indica il nuovo co. 5 ter.
Si deve avere fiducia in una possibilità effettiva che vi siano progetti di lavori di pubblica utilità ai quali il tossicodipendente o assuntore abituale, possa accedere per ottenere la conversione della pena.
Se tale possibilità , fino ad oggi, è stata una mera eventualità non è certo perché il Legislatore aveva limitato tale possibilità ai soli reati di droga. Pertanto, deve immaginarsi, che anche questo espediente sia, come gli altri, finalizzato ad eludere nei fatti i dettami della Corte di Giustizia Europea in materia di sovraffollamento carcerario.

La programmazione dell'edilizia carceraria

Concludendo con la saga delle buone intenzioni all'art. 4 del NS Decreto sono indicate tutte le possibili, ovvie , soluzioni al problema dell'edilizia carceraria, con nuove costruzioni, manutenzioni di quelle esistenti o acquisizione di strutture da riconvertire. Solo che , al successivo art. 5 la copertura finanziaria prevede che “ All’attuazione delle disposizioni contenute nella presente legge si provvede mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.
Come dire arrangiamoci con quello che abbiamo.
E' questa la  Risposta di dignità alle accuse contro l’Italia???????
Ed intanto di carcere si continuerà a morire.

Avv. Marcello Severino - Componente Consiglio Direttivo de "Il Carcere Possibile Onlus" - Camera Penale di Napoli