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Napoli, 15 maggio 2011 ----------Questi primi 4 mesi e mezzo del 2011 hanno visto confermare e, in alcuni casi, aggravare i tragici dati dell'anno precedente. Da gennaio ad oggi, tra i detenuti ci sono stati 24 suicidi (l'ultimo oggi a Torino alle Vallette), 337 tentati suicidi, 1858 atti di autolesionismo, 38 decessi per cause naturali (l'ultimo oggi a Porto Azzurro). Gli stessi sindacati di Polizia Penitenziaria, a cui si sono uniti quelli che rappresentano i Direttori degli Istituti Penitenziari, protestano da tempo per le condizioni in cui sono costretti a lavorare, ma il Capo del Dipartimento, nonostante non vi siano concrete prospettive di cambiamento, ignora del tutto quanto avviene e parla ancora dei principi in cui crede, come se fossero attuati o, a breve, attuabili.
Queste le sue parole pronunciate il 13 maggio a Roma:
E’ doveroso aprire il mio intervento di saluto rendendo un sentitoomaggio al 150Anniversario dell’Unità d’Italia, ai valori fondanti della Nazione, alla storia che ci accumuna e ci rende orgogliosi di essereItaliani.
In questi 150 anni il sistema penitenziario è stato lo specchio dell’evoluzione della storia del nostro Paese, che ha raggiuntol’espressione più alta e compiuta della democrazia con l’art. 27 della Costituzione, sancendo due principi che appartengono al patrimonio
collettivo: la pena non può essere contraria al senso di umanità e deve tendere alla rieducazione. E’ da qui che partiamo, ogni giorno, per dare senso al nostro lavoro ed è da qui che la Polizia Penitenziaria, un Corpo che io amo definire una “polizia di giustizia”, esplica il suo mandato istituzionale.
Giustizia sicurezza custodia risocializzazione. Sono queste le parole chiave che definiscono la specificità della Polizia Penitenziaria, un Corpo di Polizia che custodisce le persone nel senso che le prende in carico e si assume la responsabilità di restituirle alla fine del percorso detentivo, possibilmente migliori di prima. Sappiamo bene che questa
affermazione non indica una previsione certa e non potrebbe esserlo
neppure in un sistema penitenziario che abbia superato emergenza, sovraffollamento, carenza di risorse materiali e di organici. Le difficoltà del sistema che sono esplose in maniera drammatica e che hanno determinato la dichiarazione dello stato di emergenza non possono certo dirsi superate, ma abbiamo delineato e avviato il progetto per superare l’emergenza e ragionare in termini di stabilizzazione del sistema.
Il piano carcere è partito da questa consapevolezza: ampliare le strutture penitenziarie, introdurre misure deflattive, incrementare gli organici. Il punto di partenza è il record assoluto di presenze di detenuti degli ultimi anni, strutture vecchie e fatiscenti, organici del personale insufficienti. Un sistema inadeguato per assolvere al dettato
costituzionale, che negli ultimi anni non ha ricevuto risposte appropriate bensì interventi di emergenza, appunto, come è stato per l’indulto del 2006, un’occasione mancata perché all’eccezionalità della misura deflattiva che aveva consentito una massiccia riduzione delle presenze, non sono seguiti provvedimenti in grado di risanare il sistema.
Il 2010 è stato l’anno dell’emergenza e della progettualità, il 2011 è stato aperto con l’avvio delle sottoscrizioni dei protocolli d’intesa con le Regioni per avviare la costruzione dei nuovi edifici penitenziari e con l’avvio dei lavori per la costruzione dei nuovi padiglioni all’interno degli istituti esistenti. Ristrutturare e ampliare le carceri esistenti e avviare la
costruzione di nuovi istituti risponde esattamente al dettato dell’art. 27 della Costituzione, nella parte in cui afferma che la pena non deve essere contraria al senso di umanità, perché le condizioni materiali della detenzione rappresentano il fondamento di una pena che deve tendere alla rieducazione e deve garantire la sicurezza di tutti. Strutture penitenziarie efficienti, dotate di sistemi tecnologici all’avanguardia in grado di ridurre l’impiego del personale in funzioni di routine, con spazi dedicati alle attività educative, aree verdi e locali che consentono un miglioramento dei rapporti tra persone detenute e le loro famiglie, razionalizzazione degli spazi, camere detentive dignitose, sono gli interventi previsti nel piano straordinario di edilizia penitenziaria. L’incremento della popolazione detenuta, che oggi conta 67.600 presenze, è l’aspetto di maggiore preoccupazione, perché il sovraffollamento determina condizioni di vita a volte insopportabili,rende difficile la gestione della quotidianità, della sicurezza e rende il
lavoro della Polizia Penitenziaria faticoso e logorante.
Il piano carcere ha previsto un incremento di circa 3.400 unità di Polizia Penitenziaria, già a settembre entreranno in servizio 760 nuovi agenti attualmente impegnati nei corsi di formazione. Un massiccio incremento di organico, non ancora sufficiente per il pieno raggiungimento dell’organico previsto di 45.000 unità, ma certamente il più sostanzioso
che sia mai stato previsto per la Polizia Penitenziaria.
La cerimonia annuale che oggi stiamo celebrando alla presenza del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche istituzionali è il riconoscimento pubblico più alto che tributiamo a voi, alla Polizia Penitenziaria a cui tutto il Paese deve gratitudine e ammirazione per il lavoro che fate, un lavoro silenzioso, faticoso, rischioso e profondamente umano.
Nelle mie frequenti visite negli istituti penitenziari vedo volti di persone che indossano con orgoglio la divisa, che sopportano carichi di lavoro pesanti, e lo fanno con professionalità, dignità, consapevolezza del ruolo e con la responsabilità di garantire sicurezza e trattamento. E’ con orgoglio che stringo la mano di questi uomini e di queste donne che
hanno il merito di garantire le tenuta del sistema, che intervengono nelle situazioni critiche con coraggio, con umanità, con professionalità, salvando la vita a persone che mettono in atto comportamenti autolesionistici, mettendo a rischio anche la propria vita, che lavorano in condizioni difficili per il sovraffollamento e la fatiscenza delle strutture.
Eppure di tutto questo non leggiamo sui giornali, perché la normalità, ancorché fatta di atti di eroismo quotidiano, non fa notizia. Il ruolo dell’informazione è fondamentale per la conoscenza dei fatti e la denuncia civile, le nostre carceri sono aperte ai giornalisti e le centinaia di autorizzazioni che ogni anno rilasciamo sono la testimonianza che il
carcere non è un luogo che si nasconde. Ma dobbiamo constatare che la lettura che se ne dà risente ancora di pregiudizi e stereotipi, e che la Polizia Penitenziaria, troppo spesso, viene posta sullo sfondo, ci si riferisce ai suoi operatori con espressioni obsolete come guardie carcerarie e addirittura secondini, espressioni che insistono in una connotazione negativa del ruolo.
Dobbiamo ripartire anche da qui, da un mutamento culturale, e in questo l’informazione può e deve fare molto, se vogliamo che si esca dal falso dualismo di un carcere o troppo buono o troppo cattivo. E in questa semplificazione si perde di vista che il carcere è una realtà complessa ma che appartiene a tutti, perché se il tempo della pena può essere utile per risocializzare, allora i benefici appartengono a tutti, perché la riduzione della recidiva significa più sicurezza per i cittadini, significa che l’investimento umano ed economico produce effetti positivi sulle persone che scontano la pena e sulla società nel suo complesso. Riconoscere alla Polizia Penitenziaria l’importanza delle funzioni,
imparare a conoscere un corpo di polizia che partecipa del sistema della sicurezza del paese serve a comprendere meglio il sistema dell’esecuzione penale nel suo complesso.
Alla Polizia Penitenziaria dobbiamo attenzione e sostegno, lo debbono in primo luogo l’Amministrazione Penitenziaria, il Governo, il Parlamento e le Istituzioni. Il raggiungimento del riallineamento, ad esempio, è un obiettivo da raggiungere per colmare una distanza con le altre forze di polizia e sanare quindi una situazione di squilibrio che genera insoddisfazione e mortifica le professionalità che costituiscono il Corpo di Polizia Penitenziaria. Stiamo lavorando per ottimizzare le forze e le risorse, migliorare l’azione
penitenziaria e intendiamo farlo con l’apporto di tutte le componenti dell’Amministrazione, dalla dirigenza alle professionalità giuridicopedagogiche e di tutto il comparto ministeri, a tutti loro e alla Polizia Penitenziaria rivolgo l’appello a non smarrire mai il senso dell’unità
degli interventi per una gestione condivisa degli obiettivi. L’Amministrazione Penitenziaria ha bisogno di tutti voi, tutti siete chiamati a rispondere alle grandi sfide che ci attendono. Dal centro alla periferia esiste un’unica Amministrazione, le scelte strategiche che
partono dal centro ascoltano i bisogni espressi dal territorio, ma è qui che le scelte strategiche e amministrative diventano azioni concrete e buona amministrazione. Talvolta invece insorgono conflitti che diventano azione frenante e condizionano il risultato.
La comunità penitenziaria, questa è la definizione che ritengo definisca meglio la nostra amministrazione, è fatta di persone, e quindi anche di dinamiche interpersonali e di categorie, richiede ascolto, rispetto, vicinanza al personale, dialogo e capacità di superare le distanze. Alle organizzazioni sindacali va il mio sentito, sincero, autentico
apprezzamento per il senso di responsabilità nell’affrontare con atteggiamento costruttivo le questioni nella loro complessità. La strada del dialogo e del confronto tra amministrazione e sindacati è indispensabile e auspico che il tempo rafforzi ancor più la reciproca volontà di compiere passi importanti per la crescita dell’Amministrazione e della Polizia Penitenziaria. Ho affermato che il Corpo di Polizia Penitenziaria è una polizia di
giustizia, perché se la giustizia amministrata nei tribunali tiene conto del reato, e stabilisce la proporzionalità della pena, è con l’ingresso in carcere che comincia il vostro lavoro, un lavoro che ha, negli anni, visto il sacrificio di molte vite di appartenenti alla Polizia Penitenziaria, vite spezzate dalla cieca violenza terroristica e mafiosa, vite spezzate
nell’adempimento del dovere, divise macchiate di sangue che hanno provocato il dolore lacerante di madri, mogli figli. A loro non possiamo restituire il bene prezioso della presenza dei loro cari, a loro possiamo solo consegnare il nostro grazie, un abbraccio commosso e una vicinanza morale e il ricordo indelebile dei loro nomi.
Grazie per la presenza di tutti voi, grazie al Presidente della Repubblica
che sappiamo esserci vicino, e la cui presenza, oggi, ci conforta e ci fa
sperare.
Viva la Polizia Penitenziaria. |