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Napoli, 8 luglio 2009
ILL.MO SIG. PRESIDENTE DELLA CAMERA PENALE DI NAPOLI
AVV. MICHELE CERABONA
Oggetto: RICHIESTA DI UN GIORNO DI ASTENSIONE DALLE UDIENZE A SETTEMBRE
- DOCUMENTO -
Illustre Presidente,
è passato troppo tempo dalla richiesta formulata dalla nostra Associazione al Coordinamento delle Camere Penali del Distretto di proclamare una giornata di astensione per la gravissima situazione degli Istituti di Pena della Campania. Era precisamente il 27 maggio u.s., in occasione del Convegno di S.Maria Capua Vetere per l’istituzione della “delegazione” de “Il Carcere Possibile Onlus”.
Avvertiamo la necessità di rinnovare la richiesta, in quanto ormai il sovraffollamento non garantisce le più elementari norme igieniche e sanitarie, costituendo causa di nuove e gravi malattie per i detenuti. Inoltre non sono più garantiti gli interventi sanitari di urgenza. Un detenuto di Poggioreale, in attesa di giudizio, è stato dichiarato, il 6 maggio 2009, dal Tribunale, incompatibile con il regime carcerario e da operare con urgenza, oggi è ancora in attesa nella sua cella.
“Il Carcere Possibile Onlus” il 16 giugno u.s. ha depositato una denuncia alla Procura della Repubblica di Napoli, sulle palesi violazioni di legge negli Istituti di Pena.
Formuliamo, pertanto, istanza affinché il direttivo della Camera Penale di Napoli, faccia proprio il documento in calce e proclami, sin da ora, un giorno di astensione dalle udienze, con assemblea sul tema delle carceri, da tenersi immediatamente dopo la ripresa delle udienze, a settembre.
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“Il Carcere Possibile Onlus” esprime la sua preoccupazione per l’attuale situazione degli Istituti di Pena in Italia,
non s’intravedono provvedimenti, da parte del Governo, che possano porre fine, o quanto meno limitare, l’aumento costante di presenze negli Istituti, con l’aggravarsi delle condizioni igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere i detenuti;
il “Piano Straordinario del Governo” per affrontare il sovraffollamento negli Istituti di Pena, che prevede la costruzione di nuove strutture – tra cui carceri galleggianti che potrebbero essere pronte in due anni – di nuovi padiglioni nelle aree verdi degli Istituti già esistenti, manifesta, ancora una volta, la mancanza di una volontà politica ad affrontare con serietà i problemi legati alla detenzione;
è stato già chiarito che, comunque, non vi sarebbero i fondi per applicare il “Piano”. Occorrerebbe un miliardo e mezzo di euro ed allo stato vi sono solo 200 milioni, mentre 130 potrebbero essere presi dalla Cassa delle Ammende;
il programma – non realizzabile per mancanza di fondi – fa, in ogni caso, comprendere un totale disinteresse, non solo per le condizioni di vivibilità all’interno degli Istituti, ma anche per il principio costituzionale del fine della pena che deve “tendere alla rieducazione del condannato” . La programmata riduzione delle aree verdi ed il prelevamento dei fondi della Cassa delle Ammende (istituzionalmente destinati a programmi rieducativi), per la costruzione di nuove strutture, l’ipotizzata realizzazione di navi-carcere, già bocciata in altri Paesi per carenza di condizioni igieniche, fanno emergere chiaramente che le scelte politiche vanno in un’unica direzione: repressione senza alcuna possibilità di programmi di reinserimento;
vi sono già 5.000 posti disponibili, per accogliere i detenuti, non utilizzati per mancanza di risorse economiche per il personale e quanto necessario per aprire le strutture. A Reggio Calabria c’è un Istituto nuovo mai utilizzato;
nuove carceri vanno costruite, ma per eliminare alcune di quelle esistenti, oggi fatiscenti e non recuperabili. Mentre l’iniziativa è del tutto inutile per affrontare il problema del sovraffollamento, in quanto, per l’incremento progressivo e costante della popolazione detenuta, si dovrebbe continuare a costruire all’infinito;
le carceri hanno superato la soglia di presenze che, nel luglio del 2006, costrinse il Parlamento ad emanare l’indulto;
l’incremento d’ingressi è costante ed è di circa mille persone al mese;
la Sanità Penitenziaria è al collasso, per mancanza di risorse e per il passaggio di competenze alle AA.SS.LL., che non erano affatto pronte ad affrontare una realtà così complessa;
vi è la mancanza di elementari condizioni di vivibilità . Celle con letti a castello che arrivano anche a 4 piani, dove non è possibile stare tutti insieme in piedi per mancanza di spazio, dove il bagno comune coincide con il luogo dove si prepara il cibo, dove si deve stare per 22 ore al giorno e la televisione rappresenta l’unico diversivo;
dall’inizio dell’anno vi sono stati 28 suicidi (1 ogni 5 giorni). Nella sola Campania 6 suicidi, di cui 4 nella sola Casa Circondariale di Poggioreale.
che i rapporti con la famiglia sono, di fatto, annullati. Un’ora di colloquio a settimana, svolto in condizioni di affollamento tali da non consentire una reale relazione affettiva. I familiari sono poi costretti ad interminabili file in attesa di poter incontrare il loro congiunto. Nella Casa Circondariale di Poggioreale, l’attesa inizia alle tre del mattino, all’esterno delle mura, per poter vedere il detenuto a metà mattinata;
ribadisce che le soluzioni da adottare sono:
1. IL RICORSO A PENE ALTERNATIVE AL CARCERE
Le statistiche hanno costantemente dimostrato che il detenuto che sconta la pena con una misura alternativa ha un tasso di recidiva bassissimo, mentre chi sconta la pena in carcere torna a delinquere, con una percentuale del 70%. Occorre convincere l’opinione pubblica che con le pene alternative si abbattono i costi della detenzione, si riduce la possibilità che il detenuto commetta nuovi reati, con aumento della sicurezza sociale. Si sconfigge il deleterio “ozio del detenuto”, che invece potrebbe essere avviato a lavori socialmente utili con diretto vantaggio per l’intera comunità.
Alessandro Margara, storico Magistrato di Sorveglianza ed alcuni anni fa Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sosteneva “Senza misure alternative recidiva ed insicurezza aumentano”.
2. LA RIFORMA DEL PROCESSO PENALE
Il 60% dei detenuti sono in attesa di giudizio. Il ricorso sempre più ricorrente alla misura cautelare in carcere e la durata dei processi produce questo dato abnorme con “presunti innocenti” che scontano pene disumane. Occorre, mantenendo le garanzie del “giusto processo”, ridurre i tempi di celebrazione e non ritenere che la misura cautelare sia la vera pena da scontare.
3.DARE EFFETTIVO VALORE ALLA RILEVANZA PENALE
Nonostante l’emergenza, la politica del Governo va sempre di più verso una maggiore carcerazione, con una riduzione proporzionale della discrezionalità del Magistrato. Molte ipotesi di reato vengono inutilmente aggravate per facili consensi e sull’onda di fatti di cronaca che hanno allarmato l’opinione pubblica. Alcune fattispecie vanno poi depenalizzate, perché troverebbero nella sanzione amministrativa un corretto deterrente.
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