06-04-2014
GUIDA AI DIRITTI ED AI DOVERI DEI DETENUTI SECONDA EDIZIONE: Nella sezione UTILITA' del sito č disponibile la seconda...
 
L'ASSORDANTE SILENZIO DELLA MAGISTRATURA
Un Giudice di Trieste interviene sull' "emergenza carceri" e pone in evidenza l'indifferenza della Magistratura Associata
 

Napoli, 5 giugno 2009 -----------------Il testo dell'intervento del Dott. Massimo Tommassini, Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Trieste, pubblicato su Radiocarcere.it :

Siamo tornati ad una situazione simile, se non peggiore, a quella precedente la legge 241 in tema di indulto.
Le carceri sono tornate ad essere sovraffollate, con conseguente impossibilità di gestione della popolazione detenuta in maniera conforme a quanto previsto dalla legge sull’Ordinamento Penitenziario.
I tassi di suicidi sono pure in aumento, e non si esagera nel dire che siamo di fronte a situazione potenzialmente esplosiva.
Non stupisce il colpevole silenzio della politica al riguardo.
Siamo, tra l’altro, in piena campagna elettorale, e si sa che un tema come quello del quale ci stiamo occupando è a dir poco impopolare.
Al tempo stesso si deve denunciare, con una certa amarezza, il silenzio assordante che sul punto la Magistratura anche associata ha in proposito serbato.
Si è discusso dei presupposti per la carcerazione di un individuo; di gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari, ma veramente scarse sono le riflessioni su ciò che avviene dopo che un cittadino, specialmente se sconosciuto, materialmente entra in carcere.
È quindi necessario ricordare con la massima forza possibile che la Magistratura, solo Organo dello Stato che può privare un cittadino della sua libertà, non può e non deve chiamarsi fuori dalla problematica della legalità all’interno di una qualunque struttura penitenziaria.
E per legalità intendiamo non solo le misure necessarie a che all’interno di detta struttura non si ripetano le dinamiche, spesso violente, che hanno portato taluni soggetti ad essere ristretti in prigione, ma anche quel complesso di diritti e di prerogative che l’Ordinamento, a partire dalla Costituzione per arrivare all’ultima delle circolari, garantisce proprio ai detenuti.
La Magistratura non può accettare che esistano “zone franche” ove la Legge dello Stato, di fatto, non conta più, e tutto è lasciato all’inventiva dei singoli ovvero all’estro del momento.
La Magistratura non può rimanere indifferente ai “salti mortali” che non pochi Direttori di Istituti penitenziari debbono fare per consentire ai loro detenuti di poter semplicemente dormire in posizione orizzontale, e questo anche perché ormai gli odierni mezzi di comunicazione impediscono a chiunque di poter dire “io non sapevo che le cose stessero in questo modo”.
La Magistratura non può tacere sul fatto che provvedimenti restrittivi emanati a seguito di procedimenti legittimi e corretti, nonché basati su un Codice di Rito ispirato al sacrosanto principio del garantismo, vengano poi sviliti da una fase esecutiva della sanzione segnata da manchevolezze che rendono la espiazione della pena una massa di umiliazioni e vessazioni.
La Magistratura non può tollerare che all’interno di una prigione si viva magari in otto in celle ideate per quattro persone e che vi sia, più in generale, un diniego di dignità personale che non solo non è consentito, ma è contro la legge e la stessa idea di civiltà.
La Magistratura, se non vuole essere “complice” di un andazzo da interrompere, e se vuole essere all’altezza che l’Ordinamento le attribuisce, deve essere pronta ad affermare, ad alta voce, che tutti i detenuti, siano essi beneficiari della presunzione di non colpevolezza, ovvero colpevoli dei delitti più orrendi, sono, compatibilmente con la loro condizione di restrizione, portatori di diritti pieni ed inalienabili, proprio come i soggetti liberi.
La soluzione di questo grave problema spetta al Legislatore, dal momento che la gestione del “Pianeta Carcere” esula dai compiti della Magistratura.
Quest’ultima, però, deve essere protagonista di una attività di stimolo che induca il potere politico a farsi carico dell’attuale disagio, non stancandosi di ripetere che è la Legge, e la sua quotidiana applicazione anche negli aspetti teoricamente più banali, il vero garante della dignità di ogni detenuto.
Massimo Tomassini è Gip presso il Tribunale di Trieste