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Napoli, 29 maggio 2009, ---------------- "MORIRE DI PENA" questo il titolo del Convegno tenutosi ieri presso il Tribunale di S.Maria Capua Vetere organizzato dal Coordinamento delle Camere Penali del Distretto della Corte di Appello di Napoli. In carcere, non solo i suicidi, ma vi è la morte della dignità dell'uomo.
Dopo i saluti dell' Avv. MICHELE CERABONA, Presidente Consiglio dei Presidenti dell'U.C.P.I. e Presidente della Camera Penale di Napoli, dell'Avv. CAMILLO IRACE, Presidente della Camera Penale di S.M.Capua Vetere, dell'Avv. ELIO STICCO, Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di S.M.Capua Vetere, dell'Avv. GIUSEPPE PELLEGRINO, Coordinatore Camere Penali del Distretto Corte Appello Napoli, hanno preso la parola, nell'ordine, EUGENIO SARNO, Segretario Generale UIL-PA- Polizia Penitenziaria, l'Avv. RICCARDO POLIDORO, Presidente de "Il Carcere Possibile Onlus", Camera Penale di Napoli, l'Avv. FRANCESCO PICCIRILLO, Delegato Centro Studi Penali, la Prof.ssa ADRIANA TOCCO, Garante dei Diritti dei Detenuti della Regione Campania, la Dott.ssa ANGELICA DI GIOVANNI, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli. Il dibattito ha visto moderatrice la giornalista CHIARA MARASCA de "Il Corriere del Mezzogiorno".
E' emerso un quadro allarmante, sottolineato dalle parole di Eugenio Sarno, che ha rappresentato le forti preoccupazioni della Polizia Penitenziaria per quanto sta avvenendo negli Istituti di Pena, con detenuti esasperati ed agenti sottoposti a condizioni di lavoro non sopportabili. Preoccupazioni condivise anche dall'Avvocatura che vede lontanissima la soluzione dei problemi che affliggono il sistema penitenziario, perchè il Governo ha intrapreso una strada impossibile - la costruzione di nuove carceri - che non porterebbe ad alcun risultato concreto e che comunque non è attuabile per mancanza di fondi, come esplicitamente ammesso dallo stesso Ministero. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza ha parlato dell'emergenza sanitaria, delle difficoltà dell'Ufficio e si è soffermata anche sul mancato controllo del territorio che a volte costituisce un deterrente per il diniego di misure alternative alla detenzione. Il Garante ha fatto riferimento anche ad episodi concreti in cui i detenuti non riescono a sodisfare esigenze primarie e vedono violati i loro diritti.
A conclusione dell'incontro, l'Avv. Riccardo Polidoro, a nome de "Il Carcere Possibile Onlus", ha chiesto formalmente al Coordinamento delle Camere Penali del Distretto della Corte di Appello di Napoli - già in stato di agitazione, su proposta dell'Associazione - di proclamare una breve astensione dalle udienze, in segno di ulteriore protesta e per dare un segnale concreto al Governo affinchè intervenga, con provvedimenti concreti, prima che il caldo afoso di luglio ed agosto, unitamente alla riduzione del personale per il periodo estivo, porti ad avvenimenti ancora più drammatici. L'Associazione ha anche inviato, in data odierna, al Coordinamento il seguente documento in cui si evidenziano problemi e soluzioni:
Napoli, 29 maggio 2009
AL COORDINAMENTO DELLE CAMERE PENALI
DEL DISTRETTO DELLA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Camere Penali di Avellino, Benevento, Napoli, Nola, S.M.Capua Vetere, Torre Annunziata
All’esito del Convegno “Morire di Pena. Carceri Incostituzionali. La Soluzione delle Misure Alternative. Meno Costi, Meno Recidiva. Più Sicurezza Sociale”, tenutosi a S.Maria Capua Vetere il 27 maggio u.s., “Il Carcere Possibile Onlus” invita il Coordinamento delle Camere Penali del Distretto della Corte di Appello di Napoli, in “stato di agitazione” dal 30 marzo 2009, per l’invivibile e non più tollerabile situazione che affligge gli Istituti di Pena della Campania, a deliberare il seguente documento:
ritenuto
che non s’intravedono provvedimenti, da parte del Governo, che possano porre fine, o quanto meno limitare, l’aumento costante di presenze negli Istituti, con l’aggravarsi delle condizioni igienico-sanitarie in cui sono costretti a vivere i detenuti;
che il “Piano Straordinario del Governo” per affrontare il sovraffollamento negli Istituti di Pena, che prevede la costruzione di nuove strutture – tra cui carceri galleggianti che potrebbero essere pronte in due anni – di nuovi padiglioni nelle aree verdi degli Istituti già esistenti, manifesta, ancora una volta, la mancanza di una volontà politica ad affrontare con serietà i problemi legati alla detenzione;
che è stato già chiarito che, comunque, non vi sarebbero i fondi per applicare il “Piano”. Occorrerebbe un miliardo e mezzo di euro ed allo stato vi sono solo 200 milioni, mentre 130 potrebbero essere presi dalla Cassa delle Ammende;
che il programma – non realizzabile per mancanza di fondi – fa, in ogni caso, comprendere un totale disinteresse, non solo per le condizioni di vivibilità all’interno degli Istituti, ma anche per il principio costituzionale del fine della pena che deve “tendere alla rieducazione del condannato” . La programmata riduzione delle aree verdi ed il prelevamento dei fondi della Cassa delle Ammende (istituzionalmente destinati a programmi rieducativi), per la costruzione di nuove strutture, l’ipotizzata realizzazione di navi-carcere, già bocciata in altri Paesi per carenza di condizioni igieniche, fanno emergere chiaramente che le scelte politiche vanno in un’unica direzione: repressione senza alcuna possibilità di programmi di reinserimento;
che vi sono già 5.000 posti disponibili, per accogliere i detenuti, non utilizzati per mancanza di risorse economiche per il personale e quanto necessario per aprire le strutture. A Reggio Calabria c’è un Istituto nuovo mai utilizzato;
che nuove carceri vanno costruite, ma per eliminare alcune di quelle esistenti, oggi fatiscenti e non recuperabili. Mentre l’iniziativa è del tutto inutile per affrontare il problema del sovraffollamento, in quanto, per l’incremento progressivo e costante della popolazione detenuta, si dovrebbe continuare a costruire all’infinito;
nel ricordare ancora una volta
che le carceri hanno superato la soglia di presenze che, nel luglio del 2006, costrinse il Parlamento ad emanare l’indulto;
che l’incremento d’ingressi è costante ed è di circa mille persone al mese;
che la Sanità Penitenziaria è al collasso, per mancanza di risorse e per il passaggio di competenze alle AA.SS.LL., che non erano affatto pronte ad affrontare una realtà così complessa;
che vi è la mancanza di elementari condizioni di vivibilità . Celle con letti a castello che arrivano anche a 4 piani, dove non è possibile stare tutti insieme in piedi per mancanza di spazio, dove il bagno comune coincide con il luogo dove si prepara il cibo, dove si deve stare per 22 ore al giorno e la televisione rappresenta l’unico diversivo;
che dall’inizio dell’anno vi sono stati 28 suicidi (1 ogni 5 giorni). Nella sola Campania 6 suicidi, di cui 4 nella sola Casa Circondariale di Poggioreale.
che i rapporti con la famiglia sono, di fatto, annullati. Un’ora di colloquio a settimana, svolto in condizioni di affollamento tali da non consentire una reale relazione affettiva. I familiari sono poi costretti ad interminabili file in attesa di poter incontrare il loro congiunto. Nella Casa Circondariale di Poggioreale, l’attesa inizia alle tre del mattino, all’esterno delle mura, per poter vedere il detenuto a metà mattinata;
nel ribadire che le soluzioni da adottare sono:
1. IL RICORSO A PENE ALTERNATIVE AL CARCERE
Le statistiche hanno costantemente dimostrato che il detenuto che sconta la pena con una misura alternativa ha un tasso di recidiva bassissimo, mentre chi sconta la pena in carcere torna a delinquere, con una percentuale del 70%. Occorre convincere l’opinione pubblica che con le pene alternative si abbattono i costi della detenzione, si riduce la possibilità che il detenuto commetta nuovi reati, con aumento della sicurezza sociale. Si sconfigge il deleterio “ozio del detenuto”, che invece potrebbe essere avviato a lavori socialmente utili con diretto vantaggio per l’intera comunità.
Alessandro Margara, storico Magistrato di Sorveglianza ed alcuni anni fa Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sosteneva “Senza misure alternative recidiva ed insicurezza aumentano”.
2. LA RIFORMA DEL PROCESSO PENALE
Il 60% dei detenuti sono in attesa di giudizio. Il ricorso sempre più ricorrente alla misura cautelare in carcere e la durata dei processi produce questo dato abnorme con “presunti innocenti” che scontano pene disumane. Occorre, mantenendo le garanzie del “giusto processo”, ridurre i tempi di celebrazione e non ritenere che la misura cautelare sia la vera pena da scontare.
3.DARE EFFETTIVO VALORE ALLA RILEVANZA PENALE
Nonostante l’emergenza, la politica del Governo va sempre di più verso una maggiore carcerazione, con una riduzione proporzionale della discrezionalità del Magistrato. Molte ipotesi di reato vengono inutilmente aggravate per facili consensi e sull’onda di fatti di cronaca che hanno allarmato l’opinione pubblica. Alcune fattispecie vanno poi depenalizzate, perché troverebbero nella sanzione amministrativa un corretto deterrente.
nel confermare lo “stato di agitazione”,in segno di ulteriore protesta, delibera l’
ASTENSIONE DALLE UDIENZE
con le consuete modalità, per il giorno 16 giugno 2009, dalle ore 13.00, per richiamare l’attenzione del Governo su un’emergenza che deve trovare immediate e concrete soluzioni.
Nella certezza che il Coordinamento saprà comprendere la gravità del momento e la necessità di un segnale di protesta sempre più forte da parte dell’Avvocatura, dinanzi a palesi violazioni dei diritti umani, confidiamo nell’accoglimento della nostra richiesta e restiamo in attesa di un cortese riscontro.
Il Presidente. Avv. Riccardo Polidoro
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