Il progetto de “Il Carcere Possibile Onlus” prevede il restyling del cortile della casa circondariale. Spazi per correre verde, strutture innovative. Lo scopo? Aiutare i detenuti a “evadere” dalla frustrazione della prigionia
Uno spazio limitato, circondato da mura invalicabili e impenetrabili, segno tangibile della mancanza di libertà. E’ possibile trasformare un simile luogo i qualcosa dove il vivere tra le sbarre lascia il passo a una possibile sensazione di normalità? E’ Poggioreale che cambia volto al suo cortile. Il progetto c’è: è pronto il restyling di uno degli istituti di detenzione più affollati, antichi e contestati d’Italia. L’idea è della Onlus “Il Carcere possibile” e attende solo di essere .
Alla fine dell’anno scorso – ricorda il presidente Sergio Schiltzer – con la collega del direttivo Anna Ziccardi decidemmo di andare a conoscere il nuovo direttore del carcere, Antonio Fullone. Volevamo raccontargli chi eravamo, che cosa avevamo fatto ed intendevamo fare anche a Poggioreale. Invece fu lui a sorprenderci. Ci illustrò i cambiamenti che, sfruttando anche la riduzione significativa del numero dei detenuti, aveva apportato in poco tempo. Soprattutto, ci manifestò una idea, un desiderio: “mi piacerebbe ridisegnare i cortili di Poggioreale. Ma ho bisogno di un progetto compiuto da consegnare all’amministrazione”, disse. Da qui è partita la macchina organizzativa del “carcere possibile” che è riuscita a contattare un team di giovani architetti. “Mi ricordai di Made in Earth – racconta il presidente – una onlus che si occupa di progetti di sviluppo sostenibile, costituita da Giancarlo Artese ed altri architetti e professionisti, con lo scopo di aiutare le comunità disagiate. L’incontro andò benissimo. Il progetto è bellissimo”.
La filosofia è quella di riprodurre un frammento di città all’interno del carcere. Il nuovo cortile è diviso in aree a diversa vocazione attraverso l’uso di una differente pavimentazione e l’inserimento di pochi elementi tridimensionali. L’intera composizione parte da una griglia ideale di moduli rettangolari cui via via si sovrappongono una serie di livelli: lo spazio dinamico, lo spazio relax e quello dell’aggregazione. L’assenza di vere e proprie demarcazioni interne lascia un margine di libertà ai detenuti. Un piano basso, ad esempio, può essere un elemento su cui sedersi, distendersi o giocare a carte. Lo strato dello spazio dinamico è costituito da una striscia perimetrale che disegna un anello lungo il quale fare jogging e alcune aree più larghe a ridosso dei muri, dove i detenuti potranno giocare a basket o a pallone. L’area del muro corrispondente verrà rifinita con lo stesso colore per segnare porte o canestri. Nello spazio relax, i detenuti potranno riunirsi in gruppi più piccoli o magari rilassarsi da soli: sarà realizzato con un prato sintetico per ridurre i costi della manutenzione. Qui ci si potrà sedere o stendere sul prato. Nell’area di aggregazione sono concepite piccole piazze con sedute contrapposte e una pavimentazione in cemento stampato simile a quella urbana. Le “piazze” sono dotate di una copertura ventilata in pannelli di policarbonato per la protezione dalla pioggia, cui potrebbe eventualmente associarsi una tenda.
L’area dedicata all’autoespressione è segnata da quelle parti tutte verticali, sulle pareti dei due padiglioni che racchiudono il cortile – in cui i detenuti potranno essere liberi di scrivere, disegnare, dipingere. Quelle zone, in una possibile evoluzione, potrebbero diventare il fondale per piccole rappresentazioni. Le aree legate alla socialità compongono una sorta di isola al centro del cortile, separata da quella dell’attività fisica da una fascia con pavimentazione in cemento stampato dove poter passeggiare. La sistemazione è completata da una sottile striscia di verde a ridosso dei quattro muri perimetrali, realizzata a raso o con una fioriera bassa, dove piantare un rampicante, in modo che rivesta le pareti dei padiglioni. “Fare rete vuol dire ottenere risultati ottimi praticamente a costo zero – considera Anna Ziccardi consigliere del direttivo de “Il Carcere possibile” – e così è stato per questo progetto attorno al quale si sta concentrando l’attenzione di tutti i soggetti responsabili dell’amministrazione penitenziaria. Una dimostrazione di come il senso civico e la volontà di una Onlus sono capaci di intervenire in maniera sussidiaria lì dove lo Stato manca”.