|
Napoli, 21 febbraio 2012.__________Depositate ieri le motivazioni della sentenza. La Corte ha ritenuto che "non può certo ritenersi l'imprevedibilità del suicidio". L'imputata avrebbe dovuto "sorvegliare a vista" la detenuta, ma scrivno i Giudici "si recava in continuazione presso la cella della detenuta ma non si era mai seduta dinanzi alla cella stessa, omettendo, pertanto, di svolgere il servizio di sorveglianza a vista secondo le istruzioni riceute....E' chiaro che l'omissione della condotta prescritta ha precluso, a monte, il tempestivo avvistamento della complessa manovra suicidaria e, con esso, il conseguente dovuto intervento per scongiurarne l'esito". Il Segretario del Sappe (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria), Donato Capece, commenta "Una sentenza che suscita amarezza. Si tratta della colpa in vigilando che viene attribuita all'agente, ma è chiaro che in una situazione di sovraffollamento come quella attuale, quando ci sono casi di vigilanza a vista prevista dagli psichiatri, significa impegnare un agente 24 ore su 24 al controllo di un singolo detenuto, e questo crea situazioni spesso difficili da gestire".
A nostro avviso la sentenza deve essere un ulteriore monito per il Governo e il Parlamento a intervenire con la massima urgenza per risolvere concretamente - e non con provvedimenti parziali e inefficaci - le problematiche legate alla detenzione. |