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Napoli, 9 febbraio 2012_____________ Il clamore, o meglio il chiasso scomposto, suscitato alla Camera per la conversione in legge del Decreto c.d. “svuota carceri” è del tutto fuori luogo. Ancora una volta coloro che ci rappresentano in Parlamento hanno manifestato il loro dissenso con modalità plateali e volgari vergognose per un Paese civile.
Una bagarre inutile e fuorviante che lancia messaggi ingannevoli.
D’altra parte anche i sostenitori del provvedimento e con essi lo stesso Ministro della Giustizia, che ha definito la Legge una “salva carceri”, hanno illuso coloro (pochissimi) a cui sta a cuore combattere il sovraffollamento illegale delle nostre prigioni.
Cerchiamo di fare chiarezza.
Innanzitutto è bene spiegare che quei pochi detenuti che usufruiranno del beneficio della norma, non saranno liberi, ma posti agli arresti domiciliari, che costituisce altra tipologia di esecuzione della pena. Inoltre ove mai decidessero di evadere dal domicilio, tornerebbero in carcere con una pena ben più lunga da scontare. Non a caso per tale ragione, già con la legge varata sotto il precedente Governo, alcuni detenuti hanno preferito espiare i rimanenti giorni in stato di detenzione, senza usufruire del beneficio.
Gli arrestati in flagranza, solo per alcuni reati, potranno essere posti agli arresti domiciliari, o nelle camere di sicurezza ovvero in carcere, in attesa del giudizio direttissimo, sempre con la valutazione discrezionale del Magistrato.
Dunque non si tratta di un “condono occulto” come è stato detto da alcuni opinionisti, come Marco Travaglio (ricordiamo che il condono prevede l’estinzione della pena e quindi la libertà per chi ne beneficia), né è probabile quanto affermato dall’On.le Di Pietro che “si mettono in condizione le parti lese, i cittadini, di ritrovarsi aggrediti da quello che il giorno prima li aveva aggrediti”.
Sul fronte opposto va detto che il provvedimento non “salverà” le carceri, in quanto occorre ben altro per assicurare il diritto a non subire trattamenti disumani e degradanti. Non ha tenuto conto del fallimento della precedente “svuota carceri”, delle condizioni delle camere di sicurezza, inidonee anche dal punto di vista igienico ad ospitare gli arrestati, laddove non vi sono risorse economiche neanche per la pulizia dei Commissariati e risorse umane per il piantonamento e l’assistenza.
Non è un caso che i radicali, l’unico partito che da sempre e costantemente è impegnato sulla legalità negli Istituti di Pena, non ha votato a favore del decreto, ma si è astenuto.
I politici hanno, invece, ignorato il tema delle risorse deviate, che è argomento principale per affrontare il tema del carcere. Mentre di anno in anno le spese destinate ai detenuti (vitto, trattamento, sanità) diminuivano, fino a far mancare beni di prima necessità, aumentavano quelle per il Ministero della Giustizia e per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Aumentavano, fino ad assegnazioni voluttuarie e superflue.
La recente inchiesta del settimanale L’Espresso ha rivelato che in questi ultimi anni sono stati spesi dal Ministero milioni di euro per ristrutturare gli appartamenti istituzionali, per auto di lusso (mentre i furgoni cellulari non avevano i soldi per i ricambi), per affitti d’oro e consulenze.
Alcuni giorni fa è stato poi prorogato dal Ministro dell’Interno il contratto con Telecom per l’utilizzo dei braccialetti elettronici, che da oltre dieci anni non hanno mai funzionato e sono costati dal 2001 al 2011, ben 110 milioni di euro. Il sistema inoltre è obsoleto, nell’era del GPS che può individuare una persona con estrema precisione ovunque essa si trovi.
Il dibattito in corso è, dunque, ingannevole perché non affronta i temi principali per combattere l’ormai acclarata illegalità delle carceri italiane e l’opinione pubblica, già poco sensibile al tema, è costretta a subire uno spettacolo indecente e sterile.
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