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GIOVEDI' 15 DICEMBRE - ore 13.00
presso la sede della Camera Penale di Napoli
Palazzo di Giustizia - Centro Direzionale
INCONTRO OPERATIVO
SULLA L. 199/2010
presunta "Svuotacarceri"
La legge
che entrerà in vigore il prossimo 16 dicembre
sarà oggetto del dibattito con
MICHELE CERABONA
Presidente della Camera Penale Di Napoli
TOMMASO CONTESTABILE
Provveditore per la Campania dell'Amministrazione Penitenziaria
CAMINANTONIO ESPOSITO
Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli
RICCARDO POLIDORO
Presidente de "IL Carcere Possibile Onlus"
LA PRESUNTA “SVUOTACARCERI”
L’ENNESIMA SOLUZIONE EMERGENZIALE PER NON RISOLVERE LE PROBLEMATICHE LEGATE ALL’ILLECITA DETENZIONE
Il 16 dicembre prossimo, entrerà in vigore la legge 199/2010, così detta “svuotacarceri”, che sarà applicabile non oltre il 31 dicembre 2013. La norma prevede l’esecuzione presso il proprio domicilio delle pene detentive non superiori a un anno. Alcuni opinionisti l’hanno definita un “indulto occulto”. Sia il nome dato alla legge, che la predetta definizione sono lontanissimi dalla realtà, da ciò che, in concreto, avverrà nei prossimi giorni o sarebbe meglio dire mesi.
Innanzitutto non può essere fatto alcun paragone con l’indulto, se non per quanto riguarda la ragione di emanazione dei due provvedimenti: entrambi dovuti all’eccessivo sovraffollamento delle carceri, vengono emanati perché lo Stato non è in grado di ospitare negli Istituti di Pena un numero superiore di persone. Ma, detto questo, la “detenzione domiciliare” non equivale alla “libertà” che si ottiene con l’indulto. E’ certo meglio del carcere, ma è pur sempre una modalità di esecuzione della pena. In caso di evasione dagli arresti domiciliari, è stato previsto un inasprimento della pena fino a 6 anni.
Quanto all’effettivo raggiungimento dello scopo, cioè quello di “svuotare” le carceri, la legge, nel lungo dibattito parlamentare, è stata davvero “svuotata” rispetto all’iniziale progetto e sono state poste alcune condizioni che rendono la norma applicabile a pochissimi detenuti. La procedura prevista coinvolge l’Amministrazione Penitenziaria e il Tribunale di Sorveglianza, già gravati da un eccessivo carico di lavoro e con personale ridotto.
Per fare subito dei numeri: per quanto riguarda la Regione Campania, che ha una capienza regolamentare dei suoi Istituti pari a 5.527 unità e ospita 7.977 detenuti (dato al 30 novembre 2010), potrebbero usufruire della legge, non più di 400 detenuti; di questi 400, circa 240 sono rinchiusi nella Casa Circondariale di Poggioreale. Istituto che ha una capienza tollerabile di 1300 persone e attualmente le presenze sono 2700. Se pure dovessero effettivamente uscire i 240 detenuti previsti, si arriverebbe comunque ad un sovraffollamento di + 1160 persone. Tale minima riduzione raggiunta, comunque inefficace a migliorare le tremende condizioni di vivibilità, sarebbe, inoltre, in pochissimo tempo annullata, dai nuovi ingressi, che hanno un andamento in continua crescita.
Ma qual è la procedura prevista e quali sono i tempi ?
Sono esclusi dal beneficio i condannati per taluno dei delitti indicati all’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, i delinquenti abituali, professionali o per tendenza; i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare o quando vi è concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti.
Quando la pena è ancora da eseguire e non è superiore a 12 mesi, la Procura, se la persona interessata non può usufruire di altre soluzioni alternative, sospende l’esecuzione dell’ordine di carcerazione e trasmette gli atti, senza ritardo, al Magistrato di Sorveglianza, affinché disponga che la pena venga eseguita presso il domicilio.
Se la persona è già detenuta (con pena detentiva da scontare non superiore a 12 mesi, anche se costituente pena residua di maggiore pena), può inoltrare richiesta, anche tramite difensore (ma lo può fare anche l’Ufficio di Procura), al Magistrato di Sorveglianza. La Direzione dell’Istituto trasmette a quest’ultimo, la relazione sulla condotta tenuta durante la detenzione.
In entrambi i casi (quello della persona ancora non detenuta, ma che deve scontare un solo anno di pena; quello del detenuto che deve scontare una pena residua di un anno), la richiesta deve essere accompagnata da un “verbale di accertamento d’ idoneità” del domicilio prescelto.
La legge non identifica esplicitamente chi dovrà accertare l’idoneità del domicilio, ma tale incombenza dovrebbe ricadere sul personale dell’Amministrazione Penitenziaria e, in particolare, sul locale Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna (UEPE). Inoltre non viene specificato in che cosa dovrebbe consistere l’idoneità, cioè a quali parametri essa debba riferirsi. L’unica certezza è che l’Amministrazione Penitenziaria è già carente di personale e non sarà certo agevole svolgere questo nuovo compito, che non consiste in un parere, ma in un “verbale” in cui dovranno essere specificate le ragioni perché il domicilio venga ritenuto o meno idoneo a ospitare il detenuto. Tale attività dovrà prevedere almeno un accesso sul posto e la verifica dell’immobile e delle condizioni generali di sicurezza.
I tempi per ottenere il verbale non saranno brevi. A ciò si aggiunge che il Magistrato di Sorveglianza dovrà verificare le condizioni soggettive di applicabilità del provvedimento, valutare cioè se vi è concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero se sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti. Giudizio questo che comporta necessariamente un minimo studio degli atti del processo in cui è stata emanata la sentenza di condanna.
I tempi, dunque, anche in questo caso non saranno brevi e soprattutto, degli ipotetici effettivi destinatari del beneficio, ne resteranno pochi. I previsti 400 per la Regione Campania, diminuiranno ancora e le carceri resteranno sovraffollate e custodi di una pena forse non più certa, ma sicuramente illegale.
La nuova legge, dunque, risponde alla consueta logica emergenziale che guida, da sempre, i provvedimenti in tema di detenzione. Non vi è un’effettiva volontà politica di affrontare l’emergenza carceraria, che meriterebbe, invece, un intervento strutturale sulle norme di diritto sostanziale e procedurale, un maggior ricorso a sanzioni diverse dal carcere e alle pene alternative, come da tempo sostenuto dall’Avvocatura.
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