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Napoli, 2 settembre 2010__________Un altro agosto è passato nelle carceri italiane. Altri detenuti morti ci sono stati per l'insopportabile caldo che anche quest'anno ha scandito le giornate estive dentro le mura. Altri politici (gli stessi del 2009?) si sono recati, nel giorno di ferragosto, a verificare le modalità con le quali viene scontata la pena inflitta, ribadendo che, nella maggior parte degli Istituti - come già affermato dal Ministro della Giustizia - non sono rispettati i principi costituzionali e le norme in materia e la carcerazione è, a tutti gli effetti, una condanna a morte per i diritti civili.
L'agenda politica, in tema di Giustizia, non prevede alcun appuntamento per fare fronte a questa vergogna nazionale, mentre quotidianamente ci si dedica a confezionare il processo "breve". Senza voler affrontare l'argomento, nè voler entrare nelle polemiche che tutti i giorni trovano spazio sui media, vanno fatte - a nostro avviso - alcune riflessioni, dalla parte dei detenuti.
Il processo "breve", o meglio, il processo di "ragionevole durata", espressamente previsto dalla nostra Costituzione, è quanto tutti si augurano e si dovrebbero garantire risorse affinchè tale traguardo sia finalmente raggiunto. Ma oggi, unitamente all'insopportabile lentezza processuale, c'è un'ulteriore emergenza che merita attenzione: la qualità della pena, che rende la condanna inflitta ingiusta, perchè ad essa, oltre alla privazione della libertà, si uniscono privazioni e condizioni non previste dalla legge. Il tempo della detenzione allora può apparire più lungo, perchè la non giustificata sofferenza quotidiana è un elemento che agisce inesorabilmente nella mente dell'uomo.
Dinanzi all'inerzia del Parlamento e del Governo (che pure nel gennaio scorso ha dichiarato lo "stato di emergenza" nelle carceri italiane), contro la quale l'Avvocatura ha più volte protestato, con astensioni dalle udienze, giornate di lutto e con esposti presentati presso le Procure della Repubblica, va pubblicamente denunciato che quando il Giudice condanna l'imputato all'arresto o alla reclusione, questa persona, nella maggior parte dei casi, viene, nello stesso tempo, spogliato dei suoi più elementari diritti e si avvia ad un percorso, che sarà più o meno difficile, più o meno ingiusto. Parametri direttamente legati all'Istituto di destinazione, dove la pena potrà apparire più o meno lunga. Non vi è dubbio, infatti, che una condanna a cinque anni di reclusione scontata in una cella sovraffollata, senza minime garanzie igieniche e con solo due ore di aria al giorno, non equivale alla stessa pena scontata in un Istituto dove vige il rispetto della Legge ed il detenuto ha l'opportunità di essere avviato ad un programma rieducativo, magari lavorando in una cooperativa, all'interno delle mura e rientrando in cella la sera.
Se, dunque, si vuole intervenire sul processo, estinguendo quelli che non arrivano a conclusione nei tempi che saranno previsti, oltre i quali, la durata non apparirà "ragionevole", perchè non applicare lo stesso principio alla pena, che se scontata in maniera illegale dovrà essere più "breve". Il Giudice, nell'emettere la sentenza, avrà a disposizione una tabella che indicherà quale percentuale di brevità applicare alla pena inflitta, a seconda dell'Istituto di destinazione. Nelle aule si sentirà "In nome del popolo italiano.........condanna Tizio ad anni 5 di reclusione. Tenuto conto che la pena sarà scontata nell'Istituto di............applica la "pena breve", riducendo gli anni 5 del 20 %".
E' evidente che si tratta di una provocazione. Ma perchè quanto riferito appare surreale, mentre lo stesso principio applicato al processo non solleva le medesime perplessità ?
Se diversi sono gli Istituti di Pena, diversi sono i Tribunali. Lo stesso processo celebrato in due città diverse non avrà mai gli stessi tempi. Per il medesimo reato commesso da Tizio e da Caio in luoghi diversi, il primo potrà essere condannato, mentre il secondo potrebbe avere il seguente verdetto: "In nome del popolo italiano....il processo non si è concluso nei tempi previsti dalla Legge, pertanto è estinto". Occorrerà, forse, anche in questo caso munirsi di tabelle sui tempi processuali "ragionevoli" di ciascun Tribunale ?
Non vi è dubbio che è urgente intervenire sul processo, rendendo "ragionevole" la sua durata, come non vi è dubbio che è urgente intervenire sulle modalità di esecuzione della pena. In entrambe i casi il male va estirpato alla radice e non superficialmente. Per il processo occorre una riforma organica che possa prevedere tempi "ragionevoli", nel rispetto delle garanzie del contraddittorio. Per la detenzione, da tempo l'Avvocatura ha indicato la strada da seguire: la stessa riforma del processo, al fine di evitare tempi lunghi di custodia cautelare (il 50% dei detenuti è in attesa di giudizio), il ricorso a pene ed a misure alternative, la depenalizzazione di alcuni reati, che consentirebbe d'impegnare i Giudici solo su ciò che è davvero penalmente rilevante. |