06-04-2014
GUIDA AI DIRITTI ED AI DOVERI DEI DETENUTI SECONDA EDIZIONE: Nella sezione UTILITA' del sito č disponibile la seconda...
 
SUI DETENUTI IN ATTESA DI GIUDIZIO UN INTERESSANTE ARTICOLO DI CALDAROLA SU "IL RIFORMISTA"
La metā dei detenuti in Italia č in attesa di giudizio. E' la prova evidente che il sistema non funziona e che il sovraffollamento nelle carceri č sopratutto colpa di un processo penale che deve essere immediatamente riformato.
 

Giustizia: l’Italia è Paese dei detenuti in attesa di confessione

di Peppino Caldarola

 

Il Riformista, 6 aprile 2010

 

C’è un volto della giustizia italiana che fa paura. È quello rivelato dalla pratica costante della carcerazione preventiva che chiude negli istituti penitenziari innocenti e probabili colpevoli prima ancora di un processo e di una sentenza. Sono migliaia in Italia i detenuti in attesa di giudizio, aspettando in celle affollate che la magistratura compia, con tempi lunghissimi, il suo lavoro.

Qualche volta la cronaca si imbatte in casi clamorosi. È accaduto tempo fa al padre dei fratellini di Gravina sbattuto in galera con l’accusa di aver ucciso i suoi figli e di aver nascosto i loro corpi che poi sono stati trovati vicino casa, precipitati senza violenza da un edificio diroccato. È accaduto all’ex presidente della regione Abruzzo chiuso in un regime carcerario odioso e che a tutt’oggi non sa ancora di quali colpe è stato accusato malgrado la sua vicenda abbia provocato un vero e proprio terremoto politico con le sue dimissioni, l’anticipo delle elezioni e la vittoria della parte a lui avversa. Non ci sono solo storie di ieri, ne vogliamo raccontare almeno tre che invece sono più recenti e alcune ancora in corso.

Meno di venti giorni fa lo stesso destino del padre dei fratellini di Gravina è toccato a Katerina Mathas, una giovane donna di Genova accusata di aver ucciso con la complicità del fidanzato suo figlio con terribili sevizie. La Mathas si è fatta sedici giorni di carcerazione preventiva, è stata indicata dai media come una terribile infanticida e poi sia il pm sia il gip l’hanno scarcerata perché non c’erano prove a sorreggere l’accusa. Ma nelle carceri italiane ci sono anche, fra gli altri, due detenuti eccellenti, di quelli che per aver ricoperto posizioni di potere e per l’odiosità delle colpe addebitategli vengono considerati dalla pubblica opinione come colpevoli prima che un tribunale ne accerti la responsabilità.

Uno è Silvio Scaglia l’ex amministratore delegato di Fastweb accusato con altri di una maxi-truffa e inseguito da un mandato di cattura internazionale. A fine febbraio Scaglia torna in Italia e viene rinchiuso a Rebibbia, quindi nei suoi confronti non potrebbe valere il sospetto di aver cercato la fuga visto che era nelle Antille e ha scelto spontaneamente di consegnarsi ai suoi giudici. Scaglia per di più si dimette dal consiglio di amministrazione di Fastweb quindi non è più in grado di svolgere attività che possano manipolare le eventuali prove a suo carico. Eppure da fine febbraio è in carcere come un delinquente comune senza che alcun tribunale abbia finora accertato la sua colpevolezza. Probabilmente viene sospettato di non aver rivelato tutto quello che sa, il che conferma che in Italia la carcerazione preventiva è la risorsa estrema dei magistrati per ottenere quella che non è più da secoli considerata in diritto la "prova regina", cioè la confessione.

L’altro personaggio pubblico che ha passato Pasqua in galera è Sandro Frisullo, ex leader del Pd pugliese nonché ex vicepresidente della Giunta Vendola. Frisullo si è allontanato da ogni attività politica e amministrativa all’indomani delle accuse formulate contro di lui. Ha ammesso la sua frequentazione con Tarantini e di aver goduto dei favori sessuali di alcune escori; amiche del faccendiere pugliese. Ma Tarantini ha dichiarato di aver dato anche soldi, una tangente in cambio di favori. Frisullo invece nega che ciò sia mai accaduto. L’ex esponente del Pd pugliese è in carcere malgrado sia notoriamente una persona mal messa fisicamente che in carcere non può curare le numerose malattie di cui soffre. Eppure anche per lui non ci sono state pietà e equità. Finché non confessa sarà detenuto.

Una politica che si rispetti e una magistratura efficiente dovrebbero aprire di comune accordo il dossier sulle carcerazioni preventive. Il carcere è il luogo terribile e giusto per imputati considerati colpevoli e a cui è stata comminata una pena rapportata alla gravità del reato. Il carcere dovrebbe essere escluso, invece, quando si sia ancora nella fase istruttoria e il cittadino va considerato, fino a prova contraria, innocente. Non a caso lo stesso codice disciplina in modo severo le ipotesi di carcerazione preventiva. Invece nella realtà il carcere viene utilizzato come strumento estremo di pressione sull’indagato per costringerlo a confessare il reato di cui è accusato. Spesso il tempo della carcerazione si rivela non solo ingiusto in sé ma insopportabilmente lungo anche rispetto alla violazione della legalità ipotizzata. Accade che l’onere della prova non spetti più a chi accusa ma a chi è costretto a difendersi. Può accadere, ed è accaduto, che persone non in grado di reggere la condizione carceraria si siano auto-accusate per cercare di tornar libere.

Siamo di fronte a casi di violenza giudiziaria che dovrebbero far riflettere. Innanzitutto il governo. Sono anni che siamo sommersi da leggi e leggine che cercano la salvaguardia per il premier e per i suoi sodali, ma nulla si é fatto sullo scandalo della carcerazione preventiva. La stessa opposizione, così sensibile ai richiami giustizialisti, non si rende conto che limitare i casi di carcerazione preventiva non significa indebolire la magistratura ma applicare norme elementari di diritto. Se vogliamo parlare di riforma della giustizia partiamo da qui e non dalle intercettazioni.