PROGRAMMI ELETTORALI. IL CARCERE ANCORA UNA VOLTA DIMENTICATO
VERSO IL VOTO
Napoli, 3 aprile 2008.
“La situazione sta diventando irrecuperabile. C’è un rubinetto aperto che allaga la casa e tutti guardano senza intervenire”. Questo l’allarme lanciato dal magistrato Ettore Ferrara, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, al settimanale “L’Espresso” nel gennaio di quest’anno. Sono circa 51.000 i detenuti in Italia, 7.000 in più rispetto alla capienza prevista. L’incremento mensile è pari a 1.000 unità. A breve la “casa” crollerà, ma nessuno sembra preoccuparsene.
Nella “casa” inoltre la vita è un inferno. Non solo per il sovraffollamento. Non sono garantite le condizioni minime d’igiene. La medicina penitenziaria non ha fondi sufficienti per assicurare un intervento sanitario efficace. Il rapporto tra educatori e detenuti è, in alcuni Istituti di pena,, di uno a mille. I rapporti con la famiglia sono compromessi dalle modalità mortificanti con cui avvengono i colloqui. I suicidi sono all’ordine del giorno, con una media di uno a settimana. Il principio costituzionale della pena che deve “tendere alla rieducazione del condannato”, viene costantemente violato.
Eppure, nei programmi elettorali non vi è una parola sul tema delle carceri, fatta eccezione per il Partito della Libertà che vi dedica una sola riga: “Costruzione di nuove carceri e ristrutturazione di quelle esistenti”.
Tutti i partiti, fingendo di dimenticare la situazione reale, propongono demagogiche riforme che hanno come unico obiettivo quello d’inasprire le pene ed a far si che esse vengano realmente espiate.
Il Partito Democratico promette: “Più certezza ed effettività della pena . Il cittadino pretende di essere certo che chi ha compiuto gravi reati contro la persona ed è stato condannato, sconti effettivamente la pena che gli è stata inflitta. Il Governo del PD offrirà questa garanzia”.
Il Partito della Libertà, a sua volta, assicura: “garanzia della certezza della pena, con la previsione che i condannati con sentenza definitiva scontino effettivamente la pena inflitta ed esclusione degli sconti di pena per i recidivi e per chi abbia commesso reati di particolare gravità e di allarme sociale;
La certezza della pena è un principio essenziale, ma altrettanto importante è il principio di legalità della pena, che va scontata in conformità con quanto previsto dalla legge. La pena deve essere certa, ma anche giusta.
Quanto si legge nei programmi elettorali è, invece, davvero paradossale e risponde alla necessità di tranquillizzare l’opinione pubblica sul tema della sicurezza sociale, con promesse che non possono essere mantenute e che, allo stesso tempo, mortificano la nostra civiltà giuridica. La civiltà di un Paese, infatti, si misura con la mitezza delle pene e queste si giustificano solo se sono in grado di garantire un’opera di prevenzione. Nella situazione attuale non solo la pena non ha la funzione rieducativa, che le assegna la Costituzione, ma ha una funzione “corruttiva”, nel senso che il carcere è sempre più spesso scuola di criminalità.
I nostri politici non ignorano questi elementari principi giuridici, ma i loro programmi devono fare i conti con una realtà distorta, che a sua volta produce una politica irresponsabile.
Se si dedicano talk-show a fatti di sangue, se si pone l’attenzione solo ed esclusivamente sul detenuto in permesso che commette un reato, dimenticando che ve ne sono altri mille che si attengono scrupolosamente alle regole ed a fatica cercano, nonostante gli innumerevoli pregiudizi ed ostacoli, di inserirsi nel mondo “civile”, non si fa altro che cavalcare la politica della paura e si alimenta un’inutile violenza.
Il consenso elettorale ad ogni costo produce programmi fotocopia che certamente non aiutano il Paese: la sicurezza sociale si ottiene con altri mezzi, tra i quali vi è una politica penitenziaria del tutto diversa, che sappia applicare i principi costituzionali e che miri all’integrazione sociale e non all’esclusione del detenuto. Il carcere non deve essere l’unica sanzione possibile: è necessaria una reale ed effettiva applicazione delle misure alternative alla detenzione, che hanno dimostrato la loro efficacia se si pensa che il tasso di recidiva per chi ha scontato una pena alternativa è del 19%, a fronte del 70% di chi ha scontato la pena in carcere.
Ma tutto questo, in campagna elettorale, non si può dire. Il popolo vuole giustizia sommaria, perché così è stato educato. Si “butti la chiave” ed insieme ad essa ogni speranza di un mondo migliore.